Di
indole schiva e remissiva, durante la permanenza a scuola concentra
i suoi sforzi nell'affinare le arti grafiche, producendo dei primi
lavori pittorici che riflettevano una visione cupa della sua giovane
vita.
Nell'arco
dei sette anni della sua istruzione non raggiunge mai livelli particolarmente
alti in nessuna materia e rimane spesso all'ombra di studenti più
brillanti e dotati. Negli annali di quel periodo il suo nome viene
frequentemente omesso.
Studi postumi sulla sua personalità hanno evidenziato come
la tendenza a non apparire e a celarsi dietro l'operato di altri,
potesse invece essere un atteggiamento compulsivo, conseguenza della
giovanile incapacità di gestire un'innata abilità
nell'arte della manipolazione mentale. Tuttavia non vi sono testimonianze
concrete che possano suffragare tale tesi.
Nel
1634, terminati gli studi, Tommaso cerca un riavvicinamento con
la famiglia e trova la compiacenza della moglie di suo fratello
Francesco, Giovanna Rosa, che convince il marito ad accogliere il
giovane nella sua casa.
La simpatia tra Giovanna e Tommaso va oltre il rapporto di parentela
acquisita. Sorpreso dal fratello maggiore nel letto della moglie,
viene da questo sfidato ad un duello di spade. La sfida però
si risolve senza spargimento di sangue, quasi come un esercizio
di scherma terminato con una stretta di mano. Tommaso si allontana
dalla dimora del fratello e la pace coniugale torna a regnarvi.
Per
molti anni si perdono le tracce di Fracanzano. Ricostruzioni postume
tramite documenti diocesani lo vogliono presente il 10 giugno del
1640 alla posa della prima pietra della Basilica Collegiata di San
Barnaba Apostolo a Marino, nel Lazio, al seguito del Cardinal Girolamo
Colonna. Testimonianza di un suo riavvicinamento al mondo religioso.
Nel
1644 viene inizialmente indicato come autore, con Francesco Pellizzari
del "Tractatio De Monialibus", dedicato all'economia dei
conventi e dei monasteri e alla disciplina giuridica degli stessi.
Successivamente il testo verrà attribuito solo al Pellizzari.
Nel
1646, viene registrata la sua presenza a Firenze, come consulente
nell'atto di donazione da parte di Cintra di Orazio Caciotti di
una casa ai Barnabiti di San Carlo.
Nel
1649 fa la sua comparsa a Boscobolla, quando il defunto Preside
Giacomo Ricciardi, da molti ritenuto divinatore infallibile, lascia
scritto nel testamento di aver avuto una visione di Tommaso Fracanzano
come suo successore.
Nominato Preside per acclamazione proprio in quell'anno, dispone,
pochi mesi dopo, la soppressione delle quattro Case della Scuola,
più per il timore di sottoporre i bambini all'esame del Capello
Parlante che altro.
I 23
anni della sua Presidenza saranno costellati da numerosi scontri
con vari Ministri, in più occasioni impegnati a cercare di
ripristinare la suddivisione in Case degli studenti. Anche i fantasmi
dei quattro Fondatori, sentendosi defraudati del loro ruolo, cercano
più volte di indurlo a tornare sui suoi passi.
Nel
1672, all'età di 57 anni, alla vigilia di un'ispezione ministeriale
atta a valutare il suo stato mentale, Tommaso Fracanzano fa perdere
le tracce. Lascia una scuola vacua, privata della vitalità
che altri presidi avevano saputo infondere con le loro iniziative.
Un istituto chiuso su sé stesso, refrattario ad ogni influenza
esterna, che fosse esercitata da potenti, Ministero, Chiesa o qualsiasi
altra forza. Una Scuola successivamente descritta dagli studenti
dell'epoca come un "carcere dorato", dove veniva privilegiata
l'ubbidienza all'insegnamento e dove la devozione veniva premiata
con ore di libera uscita.
Secondo
gli storici contemporanei Tommaso Fracanzano sarebbe riapparso anni
dopo, come membro della confraternita del Padre Cappuccino Marco
d'Aviano, incaricato nel 1684 di ricomporre la Lega Santa, un' alleanza
cristiana tra i regni di Spagna, Portogallo e Polonia, le Repubbliche
di Genova e Venezia, il Granducato di Toscana, il Ducato di Savoia,
concordata per contrastare l'espansionismo dell'Impero Ottomano.
Di
lui non ci rimangono scritti o trattati. Ogni suo atto è
stato sempre documentato in maniera minima e le poche informazioni
che sono arrivate ai giorni nostri risultano incomplete e confuse,
spesso contraddittorie. Lo stesso quadro che lo raffigura pare essere
un autoritratto più volte rimaneggiato, realizzato da un
suo famiglio, una gatta grigia di nome Rosa, che dipingeva sotto
il controllo mentale del Preside. Quella tela è anche uno
dei pochi quadri della Scuola a non essere animato.
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